giovannimuti@virgilio.it - I detti popolari nascono dall’esperienza comune, dalla quale nasce la saggezza che si tramanda nel tempo, come forza ammonitrice. Se questo è vero, allora noi elbani dovremmo chiederci da quale esperienza potrebbe essere nato il modo di dire: “mi costi più dell’orzo di Pianosa“ e quale insegnamento o ammonimento contiene. Probabilmente, in passato, qualcuno ha cercato di produrre l’orzo a Pianosa e il risultato, dal punto di vista economico, deve essere stato disastroso, se poi il costo di questo orzo è entrato nel linguaggio come un esempio di una cosa che costa moltissimo. Questo avrà convinto molti che produrre qualcosa a Pianosa rimaneva una cosa difficile e soprattutto rischiosa. Che si trattasse di orzo o altro. Non è sorprendente, quindi, che la discussione aperta da Lorenzo Marchetti su “Il Vicinato” sul tema: “Cosa fare a Pianosa”, abbia dimostrato come questo rimanga un problema di difficile soluzione. Allora, fra le tante proposte strampalate, perché non tentiamo anche con una coltivazione d’ orzo, almeno come fase intermedia. Nuove scoperte scientifiche hanno dimostrato che l’orzo, oltre ad avere le note proprietà antinfiammatorie, è ricco di fosforo e fa bene a cervello. Mangiando molto orzo si diventerebbe più intelligenti. Potremmo tentare con una produzione sperimentale. Quantità limitate da somministrare sotto forma di pappine a coloro che si occupano della gestione della cosa pubblica. La coltivazione potrebbe essere condotta da monaci benedettini, come voleva l’ex presidente del Parco professor Tanelli, mentre il mare potrebbe esser ripopolato da foche monache, come volevano gli ambientisti. Giovanni Muti (da www.elbanotizie.it)