30 luglio 2010

Il comune di Portoferraio ha due milioni e mezzo di euro in cassa, perché particolarmente virtuoso, e non può spenderli a causa del patto di stabilità

roperia@tiscali.it - Su questo punto andrebbe fatta la battaglia politica: confrontare la nostra parsimonia con gli sprechi delle strutture ministeriali o dell’enorme pletora di altri enti inutili presenti sul territorio del “Bel Paese”. I comuni oggi sono il modello più avanzato di sana gestione finanziaria, soprattutto in Toscana, tuttavia, di fronte a misure che un economista definirebbe “antikeynesiane”, poiché la grande crisi del ’29 (e la ricetta è ancora assolutamente valida!) fu risolta proprio con una pesante iniezione di investimenti pubblici. Accade, tanto per portare un esempio, che il comune di Portoferraio ha 2.500.000 euro in cassa, perché particolarmente virtuoso, e non può spenderli per i vincoli del patto di stabilità. Accade invece che Roma o Palermo hanno deficit mostruosi, da scioglimento immediato dell’ente, ed il governo copre con risorse di tutti i cittadini il loro deficit e ripiana i loro debiti. I tagli del governo rischiano di compromettere principalmente la spesa per cultura, eventi, sociale, formazione. Per contenere questo rischio il comune deve attrezzarsi sempre più sul fronte del recupero dell’elusione ed evasione, visto che su quello della razionalizzazione della spesa c’è poco da fare, poiché siamo molto “razionali”. Una leva che abbiamo è anche quella delle alienazione di beni pubblici non strategici, poiché vendere quei beni vuol dire avere entrate straordinarie con cui finanziarie le opere pubbliche senza ricorrere a mutui, che generano interessi passivi e quindi spesa corrente evitabile. Ultima leva è quella dei tanto vituperati oneri di urbanizzazione, rimpiegabili in parte a copertura della spesa corrente. Nel contesto attuale un comune sano riesce a navigare, chi ha problemi strutturali invece rischia di andare definitivamente a fondo. Roberto Peria