ilVicinato@ - Fonte notizia: Lelio Giannoni - La bilancella “Crepi l'Invidia” era
sparita tra i marosi, ma i suoi cinque marinai riuscirono a raggiungere rada
piaggese dopo avere percorso a remi circa otto miglia di mare in tempesta. A
largo si trovava un
grosso piroscafo inglese, il “Ladoga”, che prima del sopraggiungere della
tempesta era affiancato da due bilancelle, a bordo delle quali, due squadre di
sviati passavano le coffe cariche di minerale ai loro compagni che dai bordi
della nave le riversavano dentro le stive, dove una ventina di altri operai
procedevano allo stivaggio. Gli operai
addetti al trasbordo del minerale che si erano rifugiati sul piroscafo inglese,
quando videro la barca con i naufraghi del “Crepi l'Invidia”, forti del loro
numero, imposero al recalcitrante capitano Goldwing di accogliere sulla grande nave
a vapore. A quei poveri naufraghi però, nonostante le miserevoli condizioni,
non fu prestato nessun soccorso da parte degli inglesi, che si rifiutarono
persino di fornire abiti asciutti, cibo ed un riparo per la notte. Gli inglesi
riservarono un trattamento a dir poco disumano anche agli scaricatori, negando
il cibo e le bevande che i capisquadra avevano richiesto, anche a pagamento e
di fronte alle vibranti proteste degli operai, inventarono la scusa che la
cambusa era stata sigillata dalla dogana. E non fu quella l'unica angheria,
poiché a quei disgraziati il capitano negò persino un ricovero per la notte ed
a scanso d'equivoci, ordinò ai suoi di chiudere i boccaporti delle stive, lasciando
disponibile soltanto il deposito del carbone: un'offerta che fu sdegnosamente
rifiutata da tutti. La mattina successiva, il vento s'era ormai abbonacciato e
il sindaco, Carlo Giannoni, inviò un telegramma al prefetto con il quale chiese
dei carabinieri di rinforzo, perché "tanta era l'indignazione della
popolazione da temersi gravi inconvenienti per i marinai inglesi". L’intero articolo di Lelio Giannoni è stato pubblicato sulla rivista La Piaggia
nell’autunno 2003.