ilvicinato@ - Fonte
Unione delle Chiese metodiste e valdesi - «Nel primo
capitolo, il dio di Giona arrivava per ultimo, dopo quelli svariati degli
svariati membri dell’equipaggio, ed era un dio con la “d” minuscola, minore e
tardivo. Ora è Lui, Lui solo, Lui l’Unico, e con un pronome possessivo che
l’ebraico incorpora come suffisso della parola stessa, sicché “mio” fa tutt’uno
con Dio. Giona è tuttora nel ventre del pesce, che possiamo immaginare oscuro,
assai poco confortevole, terrificante, e maleodorante. Nulla sa di ciò che lo attende, e avrà
tempo e agio di arrabbiarsi con Dio (un passo avanti significativo sul piano
della comunicazione: il precedente era darsela a gambe levate). Ma che importa?
La preghiera di Giona - che il profeta, infine profetico, cita - non l’abbiamo,
eppur sappiamo che c’era. E tutto finisce, provvisoriamente, in uno… sputo. Il
pesce, cui il Signore parla tranquillamente, vomita Giona sulla spiaggia».
Alcuni
stralci di una riflessione di Enrico Benedetto, Pastore
evangelico