ilVicinato@ - «Tesoro era celibe e faceva il sarto da uomo, gli piaceva molto stare in compagnia e amava la conversazione aggiungendo
anche un pizzico di pettegolezzo, magari inventato, tant’è che soleva dire: “Quello
che so, so. Quello che non so invento, lingua di tu”. Quest’ultima affermazione voleva
significare “parla te” e fallo in modo disinvolto e libero. Un’altra curiosità
sul sarto piaggese è che sua mamma aveva dato ai figli, oltre il nome
anagrafico, pure dei soprannomi e cioè: Bello, Fiore, Tesoro e Stronzo. Eravamo
negli anni “80-90 dell’ottocento».