26 luglio 2009

TEMPO DI GUERRA, VOGLIA DI PACE: 22 settembre 1943, l’affondamento dello Sgarallino, muoiono circa trecento persone

gisecat3@yahoo.it – Il quel convulso settembre del 1943, appena cinque giorni dopo l’occupazione tedesca, un’altra tremenda sciagura si abbatte sull’Elba. La gente non ha ancora rialzato la testa dagli ultimi tragici avvenimenti, l’uva è ancora da vendemmiare e l’estate agli sgoccioli, quando viene affondato, mentre sta tornando da Piombino con trecento persone a bordo, ormai vicino alla rada di Portoferraio, il piroscafo “Andrea Sgarallino”. E’ mercoledì 22 settembre quando Marco, un ragazzino di Rio Elba, che si trova a passare dalla strada di Nisporto lo vede inabissarsi: non crede ai suoi occhi, se li stropiccia bene, prima di tornare a guardare, poi grida, piange, singhiozza e di corsa, più svelto di una lepre, ritorna al paese, chiamando aiuto e urlando a pezzi e bocconi quel che ha visto. Qualcuno si affaccia alla finestra, chiede chiarimenti, spera che la fantasia visionaria del bambino abbia ingigantito l’accaduto, in un battibaleno sono tutti fuori, sugli usci e in piazza. Lina si mette le mani nei capelli, grida come una pazza: sul piroscafo ci sono suo fratello Tullio e sua cognata Rosetta, le hanno lasciato Pietro, il loro bambino di due anni, che la giovane zia ha coccolato per tutto il giorno. Purtroppo qualche ora dopo arriva la conferma: il piroscafo è stato silurato da un sommergibile inglese, che ha lasciato il porto di Malta una settimana prima, per una missione nelle nostre acque. Lo Sgarallino è stato considerato un naviglio ausiliario al servizio dei tedeschi, malgrado il comandante appartenesse alla Marina militare italiana e il primo ufficiale fosse un elbano militarizzato. Il comando era dunque italiano, e a bordo c’erano soltanto alcuni soldati tedeschi per il controllo dei passeggeri. Dunque, tragico errore o colpevole superficialità da parte degli Inglesi? Il dolore, la disperazione, la commozione si spargono per l’Elba: tutti hanno qualcuno da piangere, parenti, amici, conoscenti. Da quel giorno, Pietro, che non vedrà più i suoi genitori, sarà chiamato Tullio dai paesani, come il padre. Delle trecento persone a bordo, se ne salverà una soltanto (… continua) Maria Gisella Catuogno