20 ottobre 2009

ELBOPOLI, signor Vincenzo non s'incazzi e non insista perché le scorze di limone sono state lanciate dal suo locale. Una storiella piaggese

marchetti.lorenzo@tiscali.it - Quand’ero bambino mia nonna Silvia mi narrò un episodio accaduto agli inizi del secolo scorso. Lo voglio proporre ai lettori di questo blog. Era notte e un tecnico della società mineraria, venuto a Rio da Bagnoli per controllare alcuni macchinari, stava passando per viale Tonietti (ora via Roma) quando fu colpito, in pieno volto, da una decina di scorze di limone. Pareva un tiro al bersaglio. Ripresosi dallo stupore, esaminò accuratamente le facciate dei palazzi posti alla sua sinistra (a destra c'era, e tuttora c’è, il mare), alcune finestre erano buie, da altre filtrava una luce fievole, pensò: «un lume di candela, sono case di brave persone. Il suo occhio notò due finestre aperte illuminate a giorno: lì c'era la luce a gas. I suoi orecchi udirono voci che "straziavano" una canzonetta allora in voga. Lui ragionò: 1+1=2. Girò sui tacchi e, imboccata la sovrastante via Magenta, entrò nel "Caffè del Sor Vincenzo" la cui finestre, per l’appunto, davano sul “luogo del delitto”. Qui, con fare molto educato, quasi sottomesso, chiese le scuse al gestore del pubblico locale. Ricevette dapprima risposte vaghe, poi l'oste, sapendo che i colpevoli erano fra i suoi avventori, giocò d’attacco, e con voce molto alterata, esclamò: «qui c’è tutta gente perbene, lei ha sbagliato indirizzo, il colpevole lo vada a cercare fra i suoi amici». Il “forestiero” non si fece intimorire così, con tono serafico ma fermo, disse: «Sor Vincenzo non alteriamo tanto, la limonata è partita da cà». Morale: Chi ha occhi per vedere guardi. Chi ha orecchi per sentire intenda.