18 novembre 2009

PIANOSA: carcere speciale? No grazie. Però quando c’era la “colonia agricola” l’isola produceva burro, uova, carne di maiale e pollame

ilvicinato@libero.it - Per più di vent'anni ogni settimana dai primi anni 70, con la motonave della Toremar, andavamo in trasferta a Pianosa. L’allora Sip prestava un trattamento di particolare attenzione alle sue apparecchiature sull’isola (...) Quando rientravamo all’Elba eravamo carichi dei prodotti genuini acquistati a buon prezzo sull’isola, burro, uova, carne di maiale e pollame. Quando c’era il carcere, Pianosa era viva. C'erano le case ben tenute, i panni stesi alle finestre e si sentiva il vociare dei ragazzini per strada. Adesso che l’abbandono rischia di ucciderla si cerca di chiudere la stalla, anche se ormai i buoi sono fuggiti. Fino a che il Ministro Alfano non aveva espresso la volontà del governo per un ritorno al carcere, da parte di Parco, ambientalisti ed amministrazioni erano stati tanti i progetti che riguardavano l'isola, la sua fruizione, il suo restauro, tutti progetti finalizzati alla sua valorizzazione ed al suo definitivo rilancio. Oggi che Pianosa sembra destinata a tornare all’antico tra una minaccia d’incatenamento presidenziale e politici usciti da anni di letargo e disinteresse, si sente urlare da più parti “Pianosa è un bene inestimabile, una risorsa per tutti Pianosa è cosa nostra, e non ce la faremo rubare da nessuno”. Ma nessuno che abbia avuto il coraggio di battersi il petto ripetendo quel vecchio adagio dei nostri vecchi che recitava “Chi cagion di suo mal pianga se stesso!". Fabrizio Prianti (da www.camminando.org)