12 novembre 2009

PIANOSA: carcere speciale? No grazie, meglio altre soluzioni. Non si può sempre sperare che i problemi si risolvano da soli

giovannimuti@virgilio.it - La vicenda di Pianosa ci fa capire come noi elbani percepiamo i pericoli e ci rapportiamo ad essi. Il primo elemento è il seguente: gli elbani non vedono più i problemi in arrivo all’orizzonte come, invece, i loro progenitori vedevano le vele pirate. Solo quando la nave sta per entrare in porto strillano in coro: “Mamma li turchi”. Questo in generale. Ci sono poi gli ambientalisti che invece li vedono eccome, ma spesso dove non ci sono. Quindi, denuncie e polemiche molto utili a distrarre attenzione e energie dai pericoli veri che non vengono visti. I pirati, infatti, approdano negli uffici tecnici dei nostri comuni senza trovare resistenza perché sono camuffati da corretti uomini d’affari, e agiscono nella legalità. Ma, per dire la verità, almeno su Pianosa l’attenzione soprattutto da parte degli ambientisti non è mancata. Avevano denunciato sia la possibilità della riapertura del carcere che di un sito nucleare. Solo che le comunità locali non hanno, e non hanno mai avuto, un’idea condivisa di cosa farci, a Pianosa. Sono state fatte alcune ipotesi tra cui quella surreale della Lega di un aeroporto internazionale come era già stato immaginato in un romanzo (Comma 22 di Joseph Heller). Ma, nella realtà non è mai iniziato un percorso serio che mirasse a trovare un accordo definitivo tra Marina di Campo, il Parco, gli altri enti e le popolazioni locali. Niente di niente. E mentre all’Elba molti si trastullavano con questi problemi, a Roma qualcuno pensava di riaprire il carcere. Questa volta il pericolo sembra sventato, ma non si può sempre sperare che i problemi si risolvano da soli e oltre canale. Giovanni Muti - Elba 2000