7 aprile 2014

DOPO LA RIFORMA DELLE PROVINCE, ORA RENZI PENSI ALLA FUSIONE DEI PICCOLI COMUNI: “Meglio l’accorpamento per assicurare servizi efficienti alle persone. Bisogna dare agli abitanti del borgo gli stessi diritti di quelli della città. Le resistenze del notabilato locale!”

ilvicinato@ - Mailing AsiNoi: «In Italia ci sono 8.101 comuni, che hanno una loro autonoma burocrazia: sindaco, assessori, consiglieri, segretario, dirigenti, vigili, personale in ogni settore, eccetera. Ben 5.740 (il 71%) sono i comuni la cui popolazione (18% di quella totale italiana) non supera i 5mila abitanti. In questi comuni i costi di funzionamento sono esorbitanti poiché la spesa fissa dei servizi e del personale incide maggiormente essendo a disposizione di una popolazione ridotta. Per di più le strutture e i servizi sono del tutto inadeguati, magari c’è un solo vigile che quando va in ferie manco viene sostituito, oppure l’ufficio anagrafe e di stato civile è composto da un solo dipendente che dovrebbe sapere tutta la casistica possibile… tanto quanto il comune di Milano. Che dire poi dell’unico geometra che deve spaziare dall’urbanistica ai lavori pubblici? Si crea pertanto una disparità nel diritto di cittadinanza fra persone: chi può avere una adeguata istruzione, mobilità, sanità… e chi ha diritti fondamentali con maggiore difficoltà. Si pone così la questione urgente di accorpare i comuni in realtà istituzionali più grandi. Sono anni che se ne parla, ma non se ne fa di nulla perché incidono sul “non cambiamento” le rendite di posizione del notabilato del borgo (non scendo nei dettagli!). Non mi convince nemmeno la mera unione tra comuni: mettersi assieme per far meglio qualche servizio, a minor costo, non basta, non è sufficiente. Ora conta la credibilità che l’ente amministrativo sa esprimere, all’esterno e all’interno di esso, questo può avvenire solo in un contesto di superamento dei medio-piccoli comuni con la creazione di vere e proprie città». Maria Grazia (M)