ilvicinato@ - Fonte: Unione delle
Chiese metodiste e valdesi - «Questo passo non va letto in chiave “mistica”, fantasticando di profondi
e gratificanti legami della propria anima con il Signore, librandosi al di
sopra delle “miserie terrene”. Queste parole di Gesù aprono i cosiddetti
“discorsi di addio”, con i quali egli prepara i discepoli alla separazione da
lui e all’attesa di “un altro” consolatore. Questo passo va letto dal punto di
vista del discepolato, e delle asperità e dei momenti anche dolorosi che esso
può implicare. Non per nulla, quasi tra le pieghe del discorso, Gesù accenna
alla possibilità che qualche tralcio non dia frutto, si sottragga cioè alla sua
vocazione. E non per nulla sottolinea
che i tralci che danno frutto vengono potati perché ne diano di più. In altri
termini: la fede si affina nell’ubbidienza e nelle difficoltà. È, in fin dei
conti, un invito alla sequela, con l’avviso che si tratta di un cammino che
implica la croce». Da un'ampia riflessione di Salvatore
Ricciardi, Pastore evangelico