5 dicembre 2015

STORIE DELL’ELBA, L’OMONE DETTO TARDÒ E L’OMINO VENUTO DALLA LOMBARDIA: “Ce l'ha i soldi? No? E allora vada via che se la rivedo mi tocca stioccagli un cazzotto in capo che ce lo pianto in tera”

ilVicinato@ - Fonte notizia elbareport.it, rubrica A Sciambere di Sergio Rossi - «Fortunato (all'anagrafe, Beppe per tutti) Rossi era però più noto con il soprannome di Tardò. Come scrisse Aulo Gasparri nella sua Appendice dello Zibaldino egli era un uomo dalla smisurata vigoria fisica, uno Stakanov in salsa ferajese, capace in una giornata di lavoro "a cottimo" da stella a stella, di fare 32 metri di colto, vale a dire scavare con la zappa 32 metri cubi di terra (peraltro proprio nelle proprietà del padre di Aulo) una roba che se fosse esistito il Guinness edizione italiana (che all'epoca, come le ruspe, non c'era) ne avrebbe fatto certo menzione. Orbene con un tipo del genere (95 kg di muscoli distribuiti su circa 190 cm, piedino di fata 47 e mani in proporzione) passare "al calcio e al pattone", era quanto di meno salubre potesse immaginarsi. Per fortuna come molte persone robuste egli era sostanzialmente un bonaccione: abbaiava spesso, e faceva paura,  ma non mordeva mai o quasi. Negli anni 60 Tardò aveva messo su una piccola impresa: scavava pozzi "romani" con zappe pale, picconi, palamine, martelli pneumatici e, ove necessario e possibile, esplosivo. Era un lavoro duro e pericoloso che però rendeva abbastanza bene in quell'Elba del primo boom turistico. L'unico ma grosso rischio economico era incappare in un debitore insolvente; i conti sballavano immediatamente, visto che la ditta (quattro persone) faceva un lavoro alla volta, e, a seconda delle difficoltà che si incontravano, il lavoro poteva durare anche parecchie settimane, e Tardò, oltre che per le necessità della sua famiglia, doveva trovare i soldi per gli operai che dividevano le sue fatiche. Una volta accadde che un cliente (un ometto piccolo, buffo e rubizzo del settentrione, che aveva aperto un camping all'Elba) a lavoro compiuto non pagò come pattuito, dicendo che però avrebbe onorato le sue pendenze la settimana successiva. Ma la settimana dopo non era all'Isola e quando tornò dopo altre due settimane, accampando scuse e difficoltà disse: "Guardi signor Rossi non si preoccupi che, senza meno, all'inizio del mese prossimo avrà i suoi soldi". Manco a dirlo alla data indicata il lombardo insolvente non si presentò all'appuntamento, fissato al bar che Tardò di solito frequentava. Ma qualche giorno ancora dopo accadde che Tardò fosse in quel bar appoggiato al bancone e che l'ometto fosse sul punto di entrare, ma accortosi anche della presenza del suo creditore, che gli era stato momentaneamente "impallato", nascosto dal cliente appoggiato al banco e interposto, si bloccò, probabilmente intenzionato a battere in ritirata. Solo che "l'interposto" si volse verso di lui. Il furbetto, a quel punto, resosi conto che aveva incrociato lo sguardo del figlio di Tardò, per evitare di peggiorare la situazione, tentò un contropiede: si avvicinò da dietro ai due e disse: "Signor Rossi a proposito di quei soldi... le volevo dire...". Ma Tardò lo interruppe, si girò e tenendosi la manona aperta a tapparsi gli occhi e disse: "Vada via per l'amor del cielo vada via ... ce l'ha i soldi? No? E allora vada via, che io non l'ho visto... che se la rivedo, e viene a pigliammi un'altra volta pel culo, mi tocca stioccagli un cazzotto in capo che ce lo pianto in tera...". La sera stessa fu recapitata a casa Rossi una busta con il denaro dovuto, in contanti (…)».