29 dicembre 2018

STATUTA RIVI (sec. XIII): “Le imbarcazioni e le mercanzie alla deriva venivano sequestrate dai pubblici poteri in attesa del legittimo proprietario”

umbertocanovaro@ - Parte 2° dell’Appendice XI - Abbiamo visto la scorsa settimana come non fosse possibile che i relitti di barche potessero essere accaparrati da chicchessia, e leggeremo come spettasse solo ai pubblici poteri di classificarli e sequestrarli in attesa del (possibile) proprietario. La norma era scritta in  un Decreto a firma di "Iacomo VI  Aragona d'Appiano Signor di Piombino, dell'Isola dell'Elba, Montecristo, Pianosa", del 6 marzo 1583 di facile lettura: «Non sia lecito ne a patroni delle Barche che si fussero salvati, ne a mercanti che vi avessino interesse ancora  esse espressamente proibito il donare o pagare cosa alcuna ne a recuperatori  ne a qual si vogli altra persona, fino a che tali barche e robe non saranno restituite loro et conseniate d'alcuno o dalla corte; et allora que Notai che anderanno affare l'inventario (delle cose recuperate, nda), anzi (prima, nda ) che vi seranno andati, abino solamente per loro mercede uno scudo d'oro et il commissario el (come ,nda) Depositario; la mercede de recuperatori abbi da essere dichiarata, secondo le fatiche dall'Auditore, dal commissario e dal corsalo della Natione e dua (persone) faccino sententia; e quelli delle guardie che staranno su le Barche si intenda di lire una per ciascuno il giorno, secondo seranno Barche Mercantie o Robe; ma se non ne saranno, non ochoreranno guardie, per risparmio delle quali spese». Umberto Canovaro