28 aprile 2025

QUELLA BATTUTA RIMASTA IN VOGA, MAGARI OGGI RIFERITA A UN AVVOCATO

lomarchetti@ «Nei piccoli paesi la campagna elettorale per l’elezione del nuovo consiglio comunale era molto sentita e pertanto partecipata dai cittadini anche perché, molte volte, la vittoria o la sconfitta di una lista si giocava per una manciata di voti. Per questo gli schieramenti politici cercavano, allora come oggi, di conquistare la piazza principale del paese dalle 23.00 alle 24.00 del giorno di chiusura della campagna elettorale, dopo il fatidico venerdì prima del voto, infatti, era vietata ogni forma di propaganda. In quel paese, siamo negli anni '70, i democristiani riuscirono a conquistare la piazza fino alla mezzanotte, quindi l’ultima parola sarebbe stata loro, perciò la lista socialcomunista si mise l'animo in pace. I democristiani, tuttavia, avevano un andicap: non disponevano di un oratore in grado di contrastare la furia oratoria dei rossi. E quando questi lasciarono il palco alla lista di parte avversa, nella piazza ci fu uno sventolio di bandiere scudocrociate e si diffusero le note del canto del “Bianco fiore”, tuttavia nessun comiziante si avvicinava al microfono. Nel retropalco ci fu chi notò un’agitazione che presto si trasformò in un forte trambusto: “Parli tu? Non, è meglio che parli lui! E perché lui e non io?”. Poi l’inno finì e dagli altoparlanti, già alzati a tutto volume, fu diffusa una voce: “Zitti! Zitti! Parla lui che è maestro”. A noi, a distanza di anni, non è dato sapere se il maestro riuscì a convincere gli elettori, e di conseguenza quale fu l’esito dell’elezione, però quella battuta è rimasta in voga fino ai giorni nostri, magari non rivolta a un maestro ma riferita a un avvocato». Lorenzo M.