lomarchetti@ - «Celia
delle Norine era nubile e per arrotondare la misera pensione sociale, leggeva
le carte o meglio, come si diceva in paese, “faceva le carte casa, casa”. Aveva
una lunga borsa nera, dove teneva i ferri del mestiere e camminando “muro
muro”, cioè strisciando la mano sui muri dei palazzi, andava come un medico
curante al domicilio delle assistite ansiose di conoscere il loro futuro. Celia,
per crearsi un alone di mistero, si vestiva di nero, portava in capo una
pezzola (foulard) scura e diceva che ci vedeva poco. Tant’è che se vedeva un
gruppo di bamboli (bambini), né chiamava uno: “Bimbo fatti un po’ in qua
(avvicinati), o a chi appartieni? (chi sono i tuoi genitori), fammi un po’
attraversa’ la strada che so’ guercia!”. Lei conosceva tutti i fatti e i
misfatti di ogni paesano, dalle vicende amorose a quelle di sesso e di corna,
dal vizio del gioco a quello del vino, dalla voglia di lavorare alla vagabondaggine
incallita, dall’essere tirchi all’essere debosciati. Insomma, per Celia non
esisteva nessun segreto, per lei pertanto predire il futuro era un gioco da
ragazzi. Si racconta che a una giovane ragazza la cui futura suocera impediva
le nozze, Celia, dopo avere estratto il fante di picche (l’uomo nero) esclamò:
“Ahi, ahi, qui il quadro proprio buio”. Poi fece un lungo e profondo sospiro, e
quasi in trance aggiunse: “Vedo, vedo un terzo omo di comando che
s’infrappone”. La giovane scoppiò in un pianto a dirotto. In effetti, come
abbiamo detto, chi si opponeva alle nozze era una donna, ma la furba Celia che non
poteva certo comandare l’uscita delle carte, l'incembolò (distolse) consolando
la ragazza disperata: “Cara questo è il destino e io non ci posso fare nulla,
le carte parlano chiaro! Ah se dipendesse da me”. Dopo di che, riscossa la
parcella, salutò e… verso la cliente successiva». Lorenzo M.