25 giugno 2008

FOTO DI UN'ISOLA, dove la politica del fare travalica il voto ai partiti nazionali. Stufi di sentirsi dire: io so io, e voi nun sete un cazzo

marchetti.lorenzo@tiscali.it - All’Elba c’è la necessità di un grande rinnovamento della «politica del fare» con la consapevolezza che questa ha bisogno di un soggetto istituzionale unitario dotato di quei poteri che gli consentano di agire per rispondere alle sfide della globalizzazione, ma allo stesso tempo di salvaguardare i poteri e le autonomie locali. E pur vero che la destra locale, quella ufficiale, ha una visione chiusa e anonima che in alcune occasioni è riuscita a soddisfare le aspirazioni di quella parte della popolazione molto legata al proprio particolarismo. L'esperienza, tuttavia, dice a noi isolani che «chi fa da sé fa da solo e non va da nessuna parte» perché la strada dell’egocentrismo territoriale porta poco lontano e non giova certamente alla concorrenzialità del prodotto «Elba». Ci sono molti cittadini che di questo sono consapevoli, in modo particolare si trovano fra gli imprenditori e più in generale fra le categorie produttive, le libere professioni e i tecnici. Magari alle politiche non hanno votato per il Pd di Veltroni, e forse alle prossime elezioni «manco andranno a votare» poiché non hanno «simpatia per nessun partito». Questi, però, ritengono come gli unici che possono fare qualcosa per l'Elba «sono i politici del posto», riconoscendo che vi sia «qualcuno di qualità». Tutti costoro esprimono una «Idea di Isola» chiara: hanno fiducia nelle proprie forze e chiedono «lavori» per «mantenere sull’isola anche i giovani che abbiano una preparazione tecnica e qualifiche elevate, questo perché non si può pensare che tutte le nuove leve, se hanno una laurea in mano, diventino emigranti». Giustamente «pretendono» una continuità territoriale sicura, anche d’inverno, nella navigazione e negli attracchi, nei prezzi e negli orari, dato che i collegamenti marittimi per l’isola sono vitali, a allora più concorrenza. Sono consapevoli come chi vive su un'isola sia portatore di un valore aggiunto giacché dispone di una risorsa unica: la storia, la cultura e i beni naturali. Costoro sono per «l'ambientalismo del fare le cose che vanno fatte a tutela dell'uomo e della natura» in quanto orgogliosi di mettere a frutto quello che qui c’è e altri non hanno e non accettano, in nessun modo, di essere definiti «predoni, ingordi, cementificatori, in mala fede e incapaci di gestire il territorio dove vivono», in quanto consapevoli di non esserlo affatto. Loro, come noi, sono stufi di ricostruzioni fantasiose «pro domo sua» e di presuntuose «lectio magistralis», da qualsiasi pulpito o barchetta provengano, meno che mai se queste sono accompagnate dal motto dello sfaccendato e approfittatore marchese del Grillo «Io so io, e voi nun sete un cazzo».