gisecat3@yahoo.it - Dalle parole di nonno Angiolino, grande affabulatore, da quello che raccontava al rientro, infaticabile, pronto a nuovi lavori – l’orto, le galline, i conigli, la capra, la vigna, il campetto di grano - ho imparato a immaginare quell’ambiente: la terra rossa, la polvere, il frastuono assordante; d’inverno, il freddo e l’umidità che entrano nelle ossa, d’estate, il sole che sembra piombo fuso quando tocca lo zenith e batte come un tamburo sulle tempie contratte; o, nelle giornate di pioggia novembrina, la delusione che provocava il consolato: la sirena suonava prima forte, poi più piano, poi ancora forte e a lungo; era il segnale che gli operai se ne dovevano tornare a casa e che per quel giorno non avrebbero guadagnato nemmeno una lira. Allora, fra quella gente, a seconda del temperamento, covava la rabbia o lo sconforto o la ribellione: dopo che si erano fatti magari otto chilometri a piedi, con i nuvoloni grigi sopra il capo, pregando che non piovesse, dovevano ripresentarsi anzitempo alle famiglie a mani vuote. - Ma allora nonno, perché lo chiamavano consolato?! - insistevo io mentre lui si faceva la barba, seduto al tavolo di marmo di cucina - la cassettina di legno lavorato, con dentro il pennello, il sapone da barba, il rasoio e lo specchio, aperta davanti a sé – un regalo di suo cognato Tonietto - Perché prima ne veniva pagata una parte, una percentuale, delle ore di lavoro perse…e quella era la consolazione, il consolato, diciamo noi…poi invece la direzione decise che non sarebbero state pagate per nulla…però il nome è rimasto!... - Io l’ascoltavo ma ero interessata anche a quella cassettina di legno, tutta incisa a fiorellini, a ghirigori, con la maniglia, le cerniere dorate: mi piaceva un sacco ma non osavo chiedergliela. - Nonno, dimmi qualcosa di zio Tonietto, l’ha fatta lui, vero, questa!? - E’ morto proprio l’anno della tua nascita, tua mamma aveva un gran pancione, quando è successo…è stato il cuore e i dispiaceri…- I dispiaceri?!...Perché? (… continua) Maria Gisella Catuogno