ilvicinato@libero.it - Giuseppe Ulivi che ha ricoperto il ruolo di segretario generale dell’Associazione Nazionale dei Comuni delle Isole Minori, si dice fortemente perplesso su una legge speciale per le isole minori. «I motivi sono più di uno, ma due estremamente semplici. Una legge speciale, una leggina per così dire, non può antivedere gli sviluppi della legislazione generale e non potrà mai raccordarsi con essa. Mi viene in mente la situazione del “dimensionamento ottimale della scuola” affrontata dal Ministro Berlinguer, per esempio. Quali raccordi sarebbero stati possibili? Ed inoltre, può una legge speciale affrontare gli sviluppi determinati dal vertiginoso mutare degli accadimenti? Non diventa obsoleta in pochi anni? E poi le cose, i problemi, le situazioni vanno contestualizzate: nell’’86 fondammo ANCIM perché nessuno ci vedeva. Eravamo negletti: oggi siamo dei privilegiati (…) Una strategia più consona potrebbe avvalersi di due strumenti minimi: uno politico, uno contrattuale. Il primo quello non di perseguire una legge per le isole, ma quello che rivendica invece “un’attenzione per le isole minori” nelle “singole” leggi. Tale attenzione si deve rivolgere da parte del legislatore in quelle che assicurano parità di diritti: la scuola, la sanità, i trasporti, l’ambiente, il turismo; quei comparti, insomma, che hanno una “dimensione insulare” propria, cioè diversa da quella del “continente” o della “terraferma” come diciamo noi isolani. Il secondo strumento è di ordine contrattuale: cioè la capacità di regolare attraverso accordi di programma fra Governo – Regioni – Territorio lo sviluppo socio–economico (aggiungerei valoriale) delle isole minori. Programmi mirati, coordinati ovviamente. Come si è fatto con il DUPIM e l’accordo di programma–quadro che ne è derivato». (da Elbareport 18 settembre 2009)