Rio Marina, Torre del Giove |
ilvicinato@ - «La divisione
è per natura inefficienza,
disservizio, spreco. Dove si afferma “ognuno per sé”,
“facciamo da soli” e simili amenità, ecco, quello diventa immancabilmente il
palcoscenico della rappresentazione del fallimento. La gestione del patrimonio
culturale deve essere unitaria per sua natura. In altri
paesi hanno da tempo introdotto il concetto di “Heritage” (eredità), ovvero
ricchezza che ci è data in temporaneo possesso dai genitori perché possiamo
trasmetterla ai figli, possibilmente accresciuta e valorizzata. Non come
rendita da consumare più o meno lentamente. Il patrimonio culturale, e il
paesaggio nel quale questo si inserisce,
rappresenta la garanzia dei diritti e dei beni comuni, non difesa del
privilegio. All’Elba dobbiamo rendere comune l’azione dei Comuni, superare gli
schieramenti, non la politica. Il terreno del patrimonio culturale può, in
questo momento, essere il terreno giusto sul quale avviare una sperimentazione
condivisa e collettiva. Ogni Comune ha una, dieci, cento emergenze ambientali e
culturali. Sarebbe opportuno che i Comuni scegliessero un simbolo ciascuno,
possibilmente al di fuori degli abitati. Facciamo una lista dei costi vivi di
gestione di questi luoghi e delle loro rispettive criticità (accessibilità,
visibilità, conoscenza, diffusione) e costruiamo su questa prima compagine una
progettualità, ripartendo oneri e onori, ottimizzando i rispettivi usi sociali
di tutti questi beni comuni e le risorse, umane e tecnologiche, che le otto
diverse amministrazioni hanno a disposizione, attraverso una convenzione unica.
Questo può valere per i musei, che sono, spesso, in sofferenza di personale
addetto al controllo. Ma anche per le aree aperte, nelle quali i tagli della
vegetazione, in primavera, sono imprese improbe. E lo stesso si può dire per la
comunicazione all’esterno dei luoghi con valenze culturali». L’articolo completo di Franco
Cambi è pubblicato sul giornale online www.elbareport.it