lomarchetti@ - «Luigino,
all’anagrafe Luigi, era un parlatore nato che durante il regime fascista era
costretto a declamare poesie e brani tratti dai libri classici solo in occasioni
particolari come matrimoni o altri eventi riservati a pochi intimi. Poté sfogare
la sua dote oratoria solo dopo il 19 giugno 1944 quando alle 14.30 le truppe
francesi del 4^ reggimento entrarono nella piazza del paese. Lui uscito dalla
bottega “Vini e Cucina” di Maria d’Edilio, salì su una sedia e iniziò dicendo:
“È passata la bufera, è passato il temporale, chi sta bene e chi sta mare e chi
sta come gli par! Perché, badate bene (...)”. Dopo che la
moglie era morta cadendo da un albero di pesche nella campagna di Monte Fico era rimasto solo
con i due figli piccoli Lorenzo e Giuseppina, e aveva cominciato a bere. Certo, non aveva intrapreso la
strada più giusta, ma nessun di noi sa cosa gli spetta. Un giorno, in occasione
delle elezioni del 1946, uscito dalla bettola della Patataia, intraprese un
comizio: “Cari e care, voi non lo sapete, ma il fascio l’ho ammainato io”. In
quel momento passava di lì il figlio Lorenzo che visto il padre-oratore,
dalla vergogna cambiò strada. Piero capì la situazione, a lui dispiacque il disagio provato dal figlio del comiziante, al quale si rivolse a voce alta: “Luigi'
permetti una parola?”. Sì, dimmi figliuolo!”, rispose affabilmente l’oratore. E
l’interrogante di rimando: “Ma in tempo di Spagnola dov’eri?”. “Perché mi chiedi
ciò?”. “Perché la Spagnola se n'è presi tanti e a te non ti ha trovato!”. Da
notare come la Spagnola era una pandemia influenzale mortale di natura virale
che fra il 1918 e il 1920 uccise un centinaio di milioni di persone nel mondo». Lorenzo M.