lomarchetti@
- «Lei era una fervente partitante e
seppure con qualche acciacco, era sempre presente a ogni incontro pubblico o
privato promosso dalla sua fazione che sosteneva fino all’inverosimile. La vedevi
sempre ai crocicchi delle strade, al bar, dal parrucchiere, davanti al
supermercato, dove s’intrometteva in ogni discussione, interrompeva questa o
quella paesana, e infine sbraitava: “È l’ora di cambiare, vedrete che lui col suo
titolo di studio e le conoscenze che ha nelle alte sfere, risvolterà il paese come un
calzino!”. Poi, finalmente ci furono le elezioni e lei, della quale nel
rispetto della privacy ometto il nome, dopo i festeggiamenti di rito, felice, contenta
e soddisfatta si ritirò a casa: “Ah, ora sì che va bene”. Intanto le
settimane passavano e le sue amiche si lamentavano perché dal comune non si
batteva chiodo. Ma lei, con voce sicura ed esaudente le rassicurava: “Date
tempo al tempo, poverino, almeno fatelo insediare!”. Tuttavia passò infruttuoso oltre un anno e mezzo e l’immobilismo amministrativo perdurava imperterrito,
tutto era rimasto come prima, anzi era peggiorato. A lei ribollivano le chiare
e, tra l’altro, non sapeva più come giustificarsi con le fedeli amiche, per di
più le era sorto un problema familiare e quindi pensò bene di rivolgersi al “suo
sindaco”. Andò perciò in municipio pensando di non fare l’anticamera: “Mi
riceverà subito perché se è su quella poltrona, c’è anche grazie a me!”. La poverina, invece, dovette attendere nel corridoio per più di due ore. Finalmente fu
ammessa al cospetto del “signor sindaco”, come disse l’usciere. Lui, da dietro
la scrivania, ascoltò il suo dire fra una telefonata e l’altra, e poi col consueto tono supponente
e arrogante le disse: “Ma io che ci posso fare? Non è questa la porta giusta a
cui hai bussato!”, e le indicò l’uscita. A lei venne la mosca al naso, insomma le
prese il “forcino”, e con voce stridula, dovuta all’incazzatura, urlò puntandoli in dito contro: “Aveva
ragione Assuntina che sentenziava: Quando
te lo misi tutto ti promisi, quando lo cavai tutto mi scordai!”. E quindi
uscì con una potente sbattuta d’uscio che fra un po’ usciva dai gangheri… Larga
la foglia, stretta la via dite la vostra che ho detto la mia…». Lorenzo M.
